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Rappresentare Africo su una tela di 80 mq e dislocarla in una chiesa milanese significa proporre all’attenzione del visitatore il miracolo della pittura. Entrare in San Sisto e non essere a Milano oggi, ma nell’immediato dopoguerra, quando il silenzio che sempre segue a una distruzione è ancora sospeso nell’aria. Le stesse condizione in cui versa ancora la chiesa di Africo, nelle montagne dell’Aspromonte, dopo l’alluvione del 1951.
La tragedia diventa epifania.
La chiesa di Africo contiene, nella sua devastazione, gli elementi mancanti a San Sisto, l’abside e l’altare crollati sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Prende cosi forma l’idea di mettere in dialogo i due luoghi strutturalmente simili, accomunati da una storia di distruzione, per proporli in una dimensione creativa che è progetto del loro e del nostro futuro.
Realizzata nei laboratori di scenografia del Teatro alla Scala, la tela di 80 mq è già un miracolo, una pagina bianca riempita in pochi giorni. Se la scrittura rende visibile l’invisibile, la pittura dice ciò che non è possibile restituire con le parole.
Il silenzio per esempio, quelle delle rovine e dell’abbandono.
Fazzari con il suo dipinto non vuole creare uno spazio che non esiste, ma vuole portare una riflessione sul tema della rovina, in centro, a Milano, dove il progresso ha costruito la capitale moderna del Paese. Vuole creare un corto circuito innestando in questa dinamicità l’immobilità di Africo, aprire una finestra spazio temporale che rende parallele due velocità incomparabili.
Il Museo Francesco Messina, ex chiesa di San Sisto, non si è limitato a mostrare un dipinto ma ha condotto un dibattito pubblico, diventando laboratorio di idee, luogo civico che restituisce all’arte un compito anche politico di testimonianza ed impegno sociale.

Maria Fratelli – Storica dell’Arte Direttore Servizio Case Museo, Dirigente Settore Soprintendenza Castello, Musei Archeologici e Musei Storici del Comune di Milano

Il Diritto del Paesaggio
Viaggio nel sud mediterraneo
Lo sguardo che ascolta il silenzio: Domenico Fazzari

PRESENTAZIONE MOSTRA BOCCONI DEL 17 GENNAIO 2011 (stralcio)

a cura di Elena Pontiggia

I luoghi da ascoltare – Dipinti di Domenico Fazzari

Milano 17/01 – 04/03 2011

Nel vedere le opere di Domenico Fazzari ho provato subito un’emozione; paesaggi misteriosi e disabitati, luoghi inospiti che verrebbe da dire, per citare il libro del poeta Giampiero Neri, ‘luoghi dove sembra di essere come all’origine della creazione’,  perché l’uomo ancora non c’è e c’è solo il mistero della materia che non è ancora abitata.

Opere di grande suggestione, ma la suggestione del tema di questo silenzio della natura, di questa grandiosità che è prima dell’uomo, mi ha fatto pensare a quello che diceva Sironi ‘anche se noi non fossimo, la Natura rimarrebbe, come c’era prima di noi’.

Ecco è questa la grandiosità che mi ha affinato in queste opere.

Oltre naturalmente alla sapienza del colore, perché c’è una gradazione molto raffinata di toni e anche del segno; la prima cosa che si nota è la disposizione sintetica delle masse, ma guardando da vicino le montagne o la vegetazione o le forme, non sono soltanto un disegno ma sono soprattutto un ritmo interno, una punteggiatura fittissima di segni che riveste e crea la composizione del quadro.